30 ottobre 2010

Silenzio a Bombay


Questo piccolo esercizio creativo risale a più di un anno e mezzo fa, quando seguivo un corso di scrittura creativa nel mio vecchio liceo. In questo caso sono partita dall'incipit di un romanzo ben noto e ho continuato per la mia strada.
"Il tassista aveva una barba a pizzo, una reticella sui capelli e un codino legato con un nastro bianco." (Da "Notturno indiano" di Antonio Tabucchi)
Il tassista aveva una barba a pizzo, una reticella sui capelli e un codino legato con un nastro bianco. Doveva essere per forza un matto. Cosa c'entrava quella reticella coi suoi capelli? E col fatto che portasse un taxi?
Poi ad un tratto parlò. Pensieri sconnessi, parole che non avevano significato messe l'una accanto all'altra come faceva lui. Io guardavo fuori, facendo finta di nulla. Poi il silenzio. "Si fermi qui, sono arrivato, quant'è?", ma non rispondeva. "Mi scusi, avrei fretta, quanto le devo?", ancora nulla. Pensai di prendere venti sterline, che erano più o meno ciò che gli dovevo, e di dargliele, ma ad un tratto fece un gesto. Un gesto che non aveva senso. Aveva sollevato entrambe le mani e le aveva posate sul mio braccio. Lo sguardo fisso su quelle sue mani. "Ho sentito i tuoi pensieri, io non sono matto, ho solo imparato ad ascoltare il silenzio e a parlare con lui". Restai interdetto, in silenzio, sentivo che il mio volto aveva assunto un'espressione idiota mentre fissavo quello strano uomo. "Appena ti stanchi del caos che hai intorno, fermati e ascoltalo. Poi tira tu le conclusioni. Ah, sono quindici sterline". Con gesti automatici gli diedi quelle venti sterline che già avevo in mano e me ne andai, in silenzio, col silenzio nelle orecchie.    
(20/04/09)