Il primo cinema in cui ho messo piede a Roma l’ho rivisto in un pomeriggio estivo, qualche settimana fa. Pur avendolo a soli 5 minuti di distanza da casa, non passavo da quelle parti da tanto. Sono rimasta per un po’ ad osservarlo: un grosso lucchetto al cancello, i manifesti degli ultimi film trasmessi quasi una decina di anni fa, la programmazione dell’ultima settimana di attività. Per un po’ la tristezza di questa scena mi ha avvolto, ma mi sono rimessa in moto per giungere alla mia destinazione di quel pomeriggio. Eppure non riuscivo a smettere di pensarci, così sono tornata indietro per fare una foto al vecchio cinema. Poco dopo aver fatto qualche scatto, un signore, seduto su una panchina poco più avanti, mi ha chiesto perché lo stessi facendo. Gli ho risposto che io al vecchio Missouri ero affezionata. Il caso ha voluto che questo tizio fosse stato intervistato proprio il giorno prima da alcuni studenti, proprio sulla questione dei cinema dismessi. Mi sono sentita toccata da questa coincidenza.
12 settembre 2013
Cinema Dismessi
Il
primo film in assoluto l’ho visto in un vecchio cinema-teatro giù in Calabria.
Era un teatro malconcio che diventava cinema grazie ad un telo bianco calato
dal tetto e sospeso nel vuoto. Un proiettore faceva il resto. Questo posto ora
non esiste più, è stato demolito. Era l’unico in tutta Rossano. Quando ho visto
il vuoto nel punto in cui una volta ero entrata coi miei piccoli passi di
bambina, per vedere Hercules, ho avuto un tuffo al cuore.
Il primo cinema in cui ho messo piede a Roma l’ho rivisto in un pomeriggio estivo, qualche settimana fa. Pur avendolo a soli 5 minuti di distanza da casa, non passavo da quelle parti da tanto. Sono rimasta per un po’ ad osservarlo: un grosso lucchetto al cancello, i manifesti degli ultimi film trasmessi quasi una decina di anni fa, la programmazione dell’ultima settimana di attività. Per un po’ la tristezza di questa scena mi ha avvolto, ma mi sono rimessa in moto per giungere alla mia destinazione di quel pomeriggio. Eppure non riuscivo a smettere di pensarci, così sono tornata indietro per fare una foto al vecchio cinema. Poco dopo aver fatto qualche scatto, un signore, seduto su una panchina poco più avanti, mi ha chiesto perché lo stessi facendo. Gli ho risposto che io al vecchio Missouri ero affezionata. Il caso ha voluto che questo tizio fosse stato intervistato proprio il giorno prima da alcuni studenti, proprio sulla questione dei cinema dismessi. Mi sono sentita toccata da questa coincidenza.
Il primo cinema in cui ho messo piede a Roma l’ho rivisto in un pomeriggio estivo, qualche settimana fa. Pur avendolo a soli 5 minuti di distanza da casa, non passavo da quelle parti da tanto. Sono rimasta per un po’ ad osservarlo: un grosso lucchetto al cancello, i manifesti degli ultimi film trasmessi quasi una decina di anni fa, la programmazione dell’ultima settimana di attività. Per un po’ la tristezza di questa scena mi ha avvolto, ma mi sono rimessa in moto per giungere alla mia destinazione di quel pomeriggio. Eppure non riuscivo a smettere di pensarci, così sono tornata indietro per fare una foto al vecchio cinema. Poco dopo aver fatto qualche scatto, un signore, seduto su una panchina poco più avanti, mi ha chiesto perché lo stessi facendo. Gli ho risposto che io al vecchio Missouri ero affezionata. Il caso ha voluto che questo tizio fosse stato intervistato proprio il giorno prima da alcuni studenti, proprio sulla questione dei cinema dismessi. Mi sono sentita toccata da questa coincidenza.
08 settembre 2013
Un viaggio in treno racconta
E. Hopper, Compartment C, Car 193, 1938 |
Un
viaggio in treno può essere visto come un racconto da sfogliare ad una velocità
media di 120km/h.
I binari sono indici di libri, libri che narrano storie d’Italia. Ogni stazione
è un capitolo e, tra l’una e l’altra, il filo di un racconto si dipana e scorre
davanti agli occhi. Ho letto storie di verde bellezza: pareti di alberi,
tappeti di campagna. Ma anche lo squallore: rifiuti ammassati sotto i ponti,
tra i fili d’erba, ai piedi di palazzine abbandonate a metà costruzione.
Ho letto storie di rispetto, come storie di violenza contro un Paese bello, ma
triste e maltrattato.
Anche con la musica nelle orecchie o una rivista tra le mani, a tutto ciò non
si può sfuggire, perché sono frammenti di vita che si impongono con prepotenza alla mente. Quei
lembi di terra bruciata, quei prati di fiori colorati, tutti i milioni di
contrasti di questa terra rimangono vividi nelle iridi, nei nervi, nella
memoria.
Durante un viaggio in treno da Gaeta a Napoli Centrale 18,08,2013 ore 16.21
E. Hopper, Railroad Sunset, 1929 |
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