25 febbraio 2017

Perché la cultura umanistica ci salverà dalla "banalità del male" di Salvini

Tra le tante qualità che riconosco alla cultura umanistica, ce n'è una che a me è sempre parsa centrale: in essa è potente la componente empatica. Conoscere e riflettere fa aumentare la possibilità di capire in profondità coloro con cui veniamo in contatto. Questo tipo di cultura predispone inoltre al pensiero critico e a riflessioni di largo respiro, consentendo molto spesso una visione a 360° sulla realtà.

Io credo fortemente che nel momento storico in cui viviamo un tipo di cultura del genere sia sempre più necessario.
È agghiacciante vedere che il leader di un partito politico italiano si metta a difendere gli autori di un video che testimonia un vero e proprio sequestro di persona da loro stessi effettuato.
Cosa c'entra in tutto ciò il preambolo sulla cultura umanistica? Ci arrivo subito.

Qualche anno fa, per approfondire la preparazione di un esame di storia contemporanea, ho scelto di studiare Le origini culturali del Terzo Reich di George L. Mosse. Sapevo, grazie ad un viaggio a Berlino fatto un anno prima, che l'antisemitismo aveva radici ben salde, non solo in Germania, ma in tutta Europa, da molti secoli. Grazie a questo libro ho potuto approfondire la questione per quel che riguardava la tragica storia tedesca, ed è stato illuminante e prezioso.

Due anni dopo, per un altro esame di storia contemporanea, questa volta incentrato sui miti del Risorgimento e della Resistenza nell'ambito della storia italiana, ho approfondito la cultura fascista grazie ad un libro, La grande Italia. Ascesa e declino del mito della nazione nel ventesimo secolo, scritto dal massimo storico del fascismo, Emilio Gentile, e ho avuto conferma del fatto che anche in Italia l'antisemitismo era molto diffuso, ed è per questo motivo, e non perché ce lo ha detto quel cattivone di Hitler, che le leggi razziali del 1938 hanno trovato terreno fertile e sono state attuate con tanta diligenza. Ancora una volta ne ho ricevuto un insegnamento illuminante e prezioso.

Perché illuminante e prezioso?
Perché ho imparato a non sottovalutare i segnali allarmanti che derivano da modi di pensare gretti, bigotti, razzisti. 
Ho imparato a riconoscere lo squallore dietro una frase come "io non sono razzista, ma...", ho imparato che è rabbia, delusione, scoramento il sentimento che provo quando qualcuno, dall'alto del ruolo istituzionale che ricopre, si prende la briga di difendere e avallare atteggiamenti pericolosi (ricordo a tutti che stiamo parlando di sequestro di persona) e attacca poi chi glielo ricorda dandogli del "buonista", aggiungendo il sempreverde e idiota invito del caso "portali a casa tua!". Questo novello pastore ha naturalmente un "gregge" che lo segue, che lo appoggia, che gli dà ragione, che lo emula nel pensiero e nei discorsi. 

Ed è esattamente questo l'aspetto che mi fa più paura. Spiego subito anche il perché di questa paura, e ancora una volta la cultura umanistica mi viene in aiuto.
Hannah Arendt nel 1963 pubblica un saggio sul processo a un gerarca nazista, Adolf Eichmann, Eichmann in Jerusalem: a report on the banality of evil, da noi noto semplicemente come La banalità del male
In questo saggio Arendt spiega che la Shoah non è stata la conseguenza di un'indole maligna radicata nell'animo dei tedeschi, bensì il risultato di azioni effettuate senza avere consapevolezza del loro significato.

È noto infatti che la "soluzione finale" è stata messa in atto attraverso una macchina in tutto e per tutto burocratica: gli ordini partivano come da un ufficio qualsiasi, e uomini e donne li eseguivano senza farsi troppe domande, come se fossero bravi impiegati. Quegli ordini però prevedevano la deportazione di tante persone, l'accensione di camere a gas e l'obbligo ai lavori forzati: in definitiva la morte per milioni di persone. 

La banalità del male, insomma, sta nell'inconsapevolezza delle conseguenze che derivano dalle proprie azioni.
Questo è lo stesso motivo per cui Salvini e i suoi seguaci sono pericolosi e mi incutono timore.

C'è bisogno di fari nella notte.











6 commenti:

  1. Ila, Sono pienamente d'accordo. Maggiore empatia, consapevolezza e pensiero critico potrebbero essere le medicine adatte alla nostra generazione.

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  2. Non siamo più portati ad avere una oggettività sensata, siamo mescolati in un qualunquismo di massa edificante, portandoci a non chiedere più l'arche di concetti ed ideologie.
    In balia del dunque e della noia frammentaria del 2000, il Capitalismo ci sta annientando le idee, sopraffacendo i nostri più consueti istinti: la scoperta.
    Onde per cui, condivido.

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  3. Un'analisi perfetta, che userò nelle conversazioni con quegli amici che si fanno incantare troppo dalle sirene. Perché l'anticamera del fascismo è sempre affollata, di questi tempi lo è ancora di più

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    1. Grazie mille! Usala quanto vuoi, non può che farmi piacere e soprattutto rincuorarmi!

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